Chi dispone di un terreno sufficientemente ampio può pensare di impiantare alberi da frutto. È necessaria un’adeguata pianificazione ed è decisiva la scelta delle specie da coltivare
Progettare e impiantare alberi da frutto non è cosa da poco. Dobbiamo innanzitutto valutare la superficie totale del terreno a nostra disposizione per determinare quante piante possiamo collocarvi, tenendo presente che tra l’una e l’altra deve esservi una distanza minima di 6-8 metri (e anche più), a meno che non adottiamo tecniche avanzate, come la coltivazione a spalliera o palmetta.
L’insolazione del frutteto è fondamentale: quasi tutti gli alberi da frutto esigono una certa insolazione, per cui terreni posti all’ombra di colline e caseggiati risultano poco adatti.
La qualità del terreno è importante
Deve essere piuttosto sciolto e ben drenato, ma non troppo friabile e sabbioso. Va valutato se piantare alberi da frutto autofertili, che producono frutti anche se sono singole unità, o alberi da frutto autosterili che abbisognano della presenza di alberi della stessa specie.
Gli alberi da frutto da frutto della medesima specie vanno piantati in file in modo che i frutti maturino contemporaneamente, per facilitare la raccolta. In zone a temperatura mite possiamo permetterci di coltivare agrumi, mentre in zone più fredde vanno bene gli albicocchi, fichi, meli, peri, kiwi.
Il facile approvvigionamento di acqua non è decisivo anche se vi sono alcuni alberi da frutto che abbisognano di irrigazione più di altri. Infine è necessario informarsi sulle malattie e gli insetti dannosi che più sono presenti nella nostra zona.
Melo
Il melo (Malus domestica) è uno degli alberi da frutto più coltivati. Appartiene alla famiglia delle Rosaceae. Fruttifica abbondantemente a condizione che la varietà e la “forma” scelti siano adatti al luogo. Il terreno ideale per impiantare un melo è umido e leggermente acido, ben drenato e non troppo calcareo. Guarda la guida dettagliata sulla coltivazione del melo.
Pero
Il pero (Pyrus) è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Rosaceae, comprendente specie arboree e arbustive con fioritura delicata e variamente colorata.
Il pero si coltiva facilmente, è agevole da governare e potare ed è molto produttivo. Si adatta a quasi tutte le zone anche se trova le migliori condizioni dove gli inverni sono piuttosto freddi, le primavere fresche e umide e le estati molto calde. Se però il freddo è molto intenso, le gemme possono riportare danni consistenti. Si sviluppa bene in terreni medio-compatti, anche argillosi, ma non umidi. L’impianto va fatto in autunno, di solito novembre-dicembre, oppure in marzo.
In genere il pero si coltiva in forma naturale, a piramide, a vaso, a spalliera, ma soprattutto a palmetta, la forma più adottata nella maggioranza dei frutteti. Se piantiamo l’albero accanto ad altre piante da frutto optiamo per una forma fusiforme, mentre, se l’accostiamo a un muro o per costituire una siepe, scegliamo forme più allargate.
Il distacco dei frutti va fatto con cura, consumando subito le varietà precoci; le altre, più tardive, si possono anche conservare in frigorifero o in ambiente fresco e aerato per qualche settimana.
Impianto del pero
- Realizziamo uno scavo abbastanza profondo (all’incirca 80x80x80 cm) smuovendo le pareti e il fondo, per rendere il terreno più soffice e far in modo che le radici non trovino ostacoli. Inseriamo nella buca così predisposta il tutore (un palo di legno robusto) che sostenga la pianta nei primi anni di vita, contrastando il vento. Poniamo sul fondo della buca uno strato drenante e riempiamo fino a metà circa di terra concimata. Appoggiamo sul fondo l’albero rimuovendo eventuali radici o rami danneggiati. Riempiamo quindi la buca con altra terra compattando bene con i piedi.
- Durante la crescita distribuiamo attorno all’albero del fertilizzante in uno scavo anulare realizzato a una certa distanza dal tronco.
Coltivazione del pero a spalliera
- Nella coltivazione a spalliera i frutti sono prodotti sugli speroni dei rami orizzontali. Per la formazione degli speroni è necessaria la potatura estiva dei getti laterali.
- I rami laterali vigorosi di un pero, legati ad arco, producono speroni laterali ricchi di gemme da frutto.
Ciliegio
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Albicocco
L’albicocco fa parte della famiglia delle Rosaceae e del genere Prunus. Le varietà maggiormente coltivate appartengono alla specie Prunus armeniaca. L’apparato radicale è fittonante (cioè scende bene in profondità) e si estende attorno al tronco per un’area superiore alla proiezione della chioma sul terreno, ancorando bene la pianta al suolo.
Il tronco è ben sviluppato con corteccia di colore grigio scuro. Le varietà di albicocco oggi disponibili sono di norma innestate su portainnesti molto rustici, per cui hanno un’ampia adattabilità ai differenti tipi di terreno. Sono comunque da evitare i terreni freddi e compatti, con scarso drenaggio dell’acqua.
Ideali sono i terreni sciolti, permeabili, non umidi, in zone non soggette a nebbie o ritorni di gelo. L’albicocco può sopravvivere senza danni a temperature minime di 24-25 gradi sotto zero; diventa però sensibile al freddo a partire dalla ripresa vegetativa (teme i ritorni di freddo alla fine dell’inverno e, per la precoce fioritura, le brinate tardive all’inizio della primavera).
Occorre quindi evitare la messa a dimora di piante nelle zone soggette a frequenti brinate tardive e nelle zone caratterizzate da un’elevata e persistente umidità. Al Nord vanno privilegiate le zone soleggiate.
Coltivazione dell’albicocco
- Quasi tutti i portainnesti dell’albicocco, specialmente quelli vigorosi, tendono a emettere polloni alla base del fusto. è bene ogni anno asportarli con le operazioni di potatura.
- Il diradamento dei frutti favorisce la produzione di albicocche di buona pezzatura. Il criterio è l’eliminazione dei frutti in soprannumero.
Varietà di albicocche
- Antonio Errani: produce frutti di bell’aspetto e dalle ottime caratteristiche organolettiche. Facile alle spaccature.
- Kioto: è un albicocco dal portamento espanso, di scarsa vigoria ma di produttività elevata. I frutti sono di forma ovale.
- Boccuccia Liscia: molto ricca di frutti, ottima la consistenza della polpa e del sapore dei frutti. Esige clima caldo.
- Pisana: varietà che dà molti frutti se posta in terreni fertili. I frutti sono di buona pezzatura e di ottimo sapore.
Pesco
Il Prunus Persica, ovvero l’albero del pesco, è una pianta robusta e resistente che sopporta gli inverni freddi (ma non quelli intensi sotto i -12/-14 °C) e fruttifica abbondantemente se ben esposto al sole.
Il pesco è molto esigente nei confronti del suolo. Dev’essere profondo, ben drenato, fertile, poco argilloso e con un basso contenuto di calcare che provocherebbe, in alte percentuali, clorosi delle foglie. La messa a dimora va fatta preferibilmente in autunno o inizio inverno.
Se piantiamo più alberi distanziamoli di almeno 4,5 metri uno dall’altro, in quanto il pesco è una pianta che tende a espandersi più in larghezza che in altezza. La buca dev’essere profonda almeno 50 cm e larga 30 cm. Quando collochiamo la pianta facciamo attenzione che le pareti della buca non siano troppo compatte; nel caso predisponiamo sul fondo uno strato di ghiaione, per impedire all’umidità di ristagnare.
Il pesco può essere cresciuto in varie forme: a vaso, quella più classica, a 3 o più branche; a palmetta libera o contro un muro; a fusetto, cioè a forma libera, nella quale si ha cura che l’asse centrale rimanga verticale e dominante su tutti i rami e le branche laterali.
Coltivare il pesco
- Tra novembre e febbraio mettiamo l’albero a dimora. Se scegliamo di allevarlo a palmetta, collochiamolo a 15-20 cm da un muro col fusto inclinato verso il sostegno.
- A inizio primavera e fino ad agosto fertilizziamo la pianta ogni 14 giorni. Diradiamo i frutti iniziando quando sono poco più grandi di un pisello.
- Da giugno in poi raccogliamo le pesche quando la polpa intorno al peduncolo è tenera. Tenendo il frutto nel palmo della mano solleviamolo e ruotiamolo leggermente.
Tipi diversi di pesche
- Pesca a polpa bianca dal caratteristico sapore aromatico, succosa e profumata. è tra le pesche migliori come qualità gustative.
- Pesca nettarina, conosciuta anche come pesca noce.Presenta buccia liscia come una susina.
- Pesca a polpa gialla, si può considerare tra le varietà classiche. Presenta di solito il nocciolo staccato dalla polpa.
Noce
Questo albero vigoroso (Juglans règia) può raggiungere anche i 30 metri d’altezza. Il noce predilige terreni profondi, freschi e ben drenati, con esposizione in pieno sole. Teme i ristagni d’acqua, che possono favorire l’insorgere di marciumi alle radici, causando un generale indebolimento della pianta, con danni anche alla produzione dei frutti.
Resiste bene al freddo pur prediligendo climi miti e non troppo umidi. è bene concimare ogni tanto con letame ben maturo o altri concimi d’origine organica, integrandoli con concimi chimici complessi a base di azoto, fosforo, potassio e microelementi. La forma più adatta per farlo crescere è quella naturale, considerando il grande sviluppo della pianta.
Non sopporta troppo le potature in quanto i tagli cicatrizzano male e possono causare infezioni di vario tipo. Sono perciò da evitare grossi tagli, limitandosi, quando necessario, allo sfoltimento dei piccoli rami disordinati e praticando una leggera potatura tutti gli anni, per evitare di dover intervenire sui rami più grossi.
La raccolta delle noci avviene nei mesi di ottobre-novembre. Dopo il raccolto le noci si espongono al sole per un periodo di 10-12 giorni per l’essiccamento.
Mettere a dimora il noce
- Prima dell’impianto è bene accorciare le radici troppo lunghe.
- eliminando quelle rotte o danneggiate.
- Scaviamo una buca ampia e profonda almeno 60 cm in un terreno fertile e ben drenato. Inseriamo nel terreno, insieme alla pianta, un paletto tutore.
- Distribuiamo il fertilizzante con le radici già coperte a una distanza di 25-30 cm dall’apparato radicale.
- Se piantiamo più di un albero di noce, lasciamo, tra una pianta e l’altra, una distanza di 12-15 metri.
- Dopo la messa a dimora irrighiamo localizzando il getto alla base delle pianta.
Susino
Il Prunus domestica è un albero da frutto adatto a qualsiasi giardino perché necessita di poco spazio, purché esposto al sole. Il susino si divide in due gruppi: quello “europeo” e il “cino-giapponese”.
I frutti del primo sono generalmente ovaliformi, con colore che varia dal giallo, verde, rosso e viola-blu. Quelli del secondo sono tondeggianti, il colore varia dal giallo al rosso a blu-nero e sono coltivati solo per il consumo fresco. In genere, è una specie rustica che si adatta a qualsiasi terreno, anche argilloso, umido e freddo, purché profondo e ben drenato; non prospera bene invece nei terreni poveri, sabbiosi, secchi.
L’impianto si realizza d’autunno e non richiede cure iniziali particolari se non una buona concimazione ricca di azoto, fosforo e potassio. Curare l’irrigazione, fondamentale nel periodo estivo e nella fase di fioritura. Altro intervento importante consiste nel diradamento manuale dei frutti, da farsi verso maggio, non appena le susine sono grosse quanto un’unghia o poco più.
I frutti, infatti, non devono crescere a grappoli intorno alla branca, ma essere sufficientemente distanziati. La pianta si può coltivare conferendogli forme diverse: a vaso (la più classica), a palmetta, a piramide.
Come altri alberi da frutto anche il susino necessita di una buona potatura da effettuarsi alla fine dell’inverno, ma può essere anticipata in estate, dopo la raccolta, o in settembre. Si potano i rami accorciandoli o diradandoli (se molto fertili) ogni anno per avere un rinnovamento continuo.
Varietà di susino
- Mirabelle: Pianta rustica molto produttiva. I frutti gialli sono sferici e hanno polpa succosa.
- Claudia nera: Frutti a forma sferoidale, colore violaceo e polpa gialla. Varietà rustica che matura tardivamente.
- California blue: Forma tonda e dal color blu-violaceo. Polpa soda e compatta. Frutti datti anche per l’essiccazione.
Potatura a vaso del susino
La potatura a vaso si effettua nei primi tre anni dall’impianto. Al momento della messa a dimora tagliamo l’astone centrale a circa 80-90 cm da terra.
- Durante la fioritura estiva si allevano tre germogli, i migliori, cimando il germoglio apicale in estate.
- Al secondo anno si effettua un raccorciamento delle tre branche scelte e il terzo anno si procede nuovamente al taglio di raccorciamento, se necessario, diradando i germogli apicali
Cachi
Il suo nome scientifico è Diospyros, ovvero “pane degli déi”, per i frutti dalla polpa dolcissima, simile a una morbida crema. È originario della Cina, dove è considerato l’albero delle virtù: lunga vita, grande ombra, assenza di nidi e di tarli, grandi foglie utili per concimare la terra. è un albero “spogliante”, a chioma tondeggiante, che può raggiungere uno sviluppo notevole (8-10 metri) ed è anche molto longevo in quanto può arrivare a 100 anni d’età.
Ha una discreta adattabilità ai climi diversi: solo le giovani piante non resistono al freddo intenso, per questo motivo nelle zone a clima rigido e prolungato è da evitare l’impianto in autunno. Le piante, in ogni caso, vanno protette durante l’inverno con paglia o con teli (almeno nei primi 3-5 anni di vita).
Il terreno in cui va impiantato il cachi dev’essere ricco di sostanza organica, ben drenato, fresco e senza ristagni idrici. In genere è preferibile collocare la pianta in posizione riparata dal vento che può spaccare i rami piuttosto fragili.
I fiori possono essere ermafroditi (che portano organi maschili e femminili), femminili (che posseggono solo il pistillo), oppure maschili (privi di pistillo). I tre tipi si possono ritrovare sulla stessa pianta, ma in genere si coltivano i cachi con solo fiori femminili. Il frutto è una bacca color arancione tendente al rossiccio che, a seconda della varietà, può avere forme diverse (sferica, conica o costoluta).
I frutti si raccolgono verso ottobre inizio novembre, a mano, prelevandoli delicatamente, per non ammaccarli, col peduncolo. Alcune varietà di cachi hanno frutti che si possono mangiare al momento del raccolto, in genere si tratta di varietà che vegetano bene in microclima mite.
Altre varietà hanno frutti non mangiabili al momento della raccolta, ma devono essere sottoposti ad “ammezzimento”, il procedimento di maturazione dei frutti che determina un cambiamento di colore e sapore, rendendoli appetibili.
Potatura del caco
- La potatura di produzione si effettua per diradare i rami che hanno fruttificato e nell’eliminazione dei rami morti, malati o troppo fitti.
- rami, piuttosto fragili, possono rompersi sotto il peso dei frutti. Conviene quindi sorreggerli con opportuni sostegni.
- Ecco una situazione da evitare: sotto il peso eccessivo dei frutti i rami si piegano e rischiano di spezzarsi. Ciò è dovuto a una mancata o errata potatura dei rami fruttiferi. Interveniamo sempre per avere piante sane e non sottoposte a stress.
Fico
Tenuto in grande considerazione dai popoli antichi, è coltivato da secoli in tutta l’area mediterranea. Si tratta di un albero rustico di facile adattamento ambientale, semplice da coltivare, senza particolari esigenze, a parte la sensibilità alle temperature troppo basse; infatti, a circa -8/-10 °C, può morire l’intera pianta.
Può raggiungere i 7-8 metri d’altezza e presenta foglie grandi a tre e cinque lobi, spesse e rugose. In genere si pianta in autunno o a fine inverno in buche profonde drenate sul fondo con ciottoli e mescolando al terreno un po’ di concime organico. Il fico si sviluppa ovunque, anche in terreni sassosi e calcarei, mentre soffre quelli argillosi ed eccessivamente umidi. Tollera bene la siccità estiva grazie alle radici molto profonde e a una limitata traspirazione fogliare.
Essendo una pianta rustica, è frequentemente coltivato con le forme che assume in modo naturale: tende a crescere con un portamento cespuglioso, mentre con semplici potature si possono ottenere forme ad alberello con il fusto dell’altezza desiderata (basso a 30-50 cm da terra, medio a 90-110 cm e alto a 170-190 cm) o a cespuglio piatto, costituito da 2-3 tronchi che si diramano obliquamente a raggiera.
Questa forma, se accostata a un muro, può essere trasformata in un ventaglio. Il fico non ha particolari esigenze in fatto di concimazione, è sufficiente intervenire con sostanze organiche, letame maturo, verso la fine dell’inverno. La fruttificazione si realizza in due tempi a seconda delle varietà.
Si possono avere due tipi di frutti: i primi si raccolgono a maggio-giugno e sono chiamati “fioroni”, generalmente di dimensione grossa; mentre i “fichi veri”, si raccolgono ad agosto-settembre con la seconda produzione e sono più piccoli rispetto ai fioroni. è una pianta poco soggetta agli attacchi di parassiti. Può, in ogni caso, essere infestata da cocciniglie e dal marciume radicale.
Interventi utili sul fico
- Nel mese di giugno è necessario praticare la cimatura dei germogli laterali sopra le prime 4-5 foglie asportandoli con le dita.
- A luglio si piegano i rami cui si desidera dare una giusta inclinazione attraverso legature, tiranti, canne e distanziatori (attenzione a non spezzare i rami).
- I germogli in soprannumero o indesiderati vanno eliminati asportandoli alla base della pianta con un paio di cesoie ben affilate per eseguire tagli netti e puliti.
Agrumi
Gli agrumi sono tra gli alberi da frutto più coltivati al mondo. Si tratta, in genere, di grandi arbusti o piccoli alberi di origine asiatica, coltivati da millenni. Fanno parte della famiglia delle Rutaceae e i più diffusi sono del genere Citrus (arancio, limone, mandarino, pompelmo, cedro), altri generi coltivati sono il Fortunella (kumquat), e il Poncirus (arancio trifogliato).
Queste piante ibridano naturalmente e in coltivazione si trovano anche numerosissimi ibridi creati dall’uomo, come ad esempio il “mapo”, un incrocio tra il mandarino e il pompelmo, e le “clementine” (mandaranci) dall’incrocio dell’arancia con il mandarino. Gli agrumi vengono coltivati in Italia soprattutto nelle campagne siciliane e calabresi, ma anche in Liguria. Data la loro esigenza di temperature moderate, in molte regioni del nord Italia non è possibile coltivarli in piena terra, ma solo in vaso.
Dove, invece, è possibile, il periodo adatto è da fine marzo a maggio, a seconda delle zone. Molto importante è la predisposizione di un buon impianto di drenaggio, soprattutto nei terreni piuttosto pesanti. Prima della messa a dimora delle piante bisogna predisporre le buche. Attorno a ogni pianta si scava un piccolo “tornello” per trattenere l’acqua nelle prime fasi dopo la messa a dimora e si irriga abbondantemente.
Nella fase giovanile le potature sono da evitare il più possibile, per non ritardare l’entrata in produzione; anche sulle piante adulte non si deve intervenire troppo severamente per non alterare il rapporto tra vegetazione e produzione. Tagli eccessivi favoriscono infatti la vegetazione a scapito della formazione dei frutti.
Le potature sono invece necessarie quando si verificano attacchi parassitari da cocciniglie e quando l’altezza della pianta non permette più un’agevole raccolta da terra.
Il terreno dev’essere leggero, sciolto, molto fertile e con buona disponibilità di acqua che deve defluire velocemente in suolo, senza mai ristagnare. Il momento migliore per mettere a dimora le giovani piante di agrumi è la primavera, da fine marzo a maggio, a seconda delle zone, quando il rischio di gelate è ormai passato.
La lavorazione profonda del terreno dev’essere preceduta, alcuni mesi prima, da una concimazione di fondo. Nel periodo invernale la temperatura non deve scendere al di sotto di 0 °C. Per la vegetazione e una buona produzione deve variare tra 7 °C di minima invernale e 28 °C di massima estiva.
Si ricorre all’irrigazione per sopperire alla deficienza di acqua nel periodo estivo. Gli agrumi sono particolarmente sensibili alla qualità dell’acqua: un elevato contenuto di cloro provoca una riduzione della qualità e quantità di produzione. La tolleranza nei confronti dei vari sali risulta molto variabile in relazione al portainnesto e alla specie. La concimazione va fatta con concimi bilanciati di macro e micronutrienti, come manganese e zinco.
Il periodo ottimale è la ripresa vegetativa, a fine inverno, per continuare a intervalli regolari di 8-10 giorni. Nel periodo invernale si consiglia di ridurre il numero di concimazioni, senza mai interromperle.
Arancio
L’arancio è un ibrido, ma ormai da molti secoli si sviluppa come una specie a sé. Gli aranci si coltivano in luogo soleggiato e semiombreggiato; temono il gelo, quindi nelle zone con inverni rigidi vengono coltivati in serra fredda o riparati con agritessuto o teli di plastica; anche nelle zone con inverni miti è consigliabile posizionare gli alberi di arancio in luogo riparato dal vento, visto che gelate tardive possono rovinare i boccioli.
Varietà di aranci
- L’arancio amaro, anche detto Melangolo, è coltivato per le sue qualità di pianta portainnesto.
- L’arancio “Corniculata” presenta frutti con buccia piuttosto rugosa e polpa di sapore acido.
- L’arancio trifogliato è molto utilizzato come portainnesto
Limone
Il limone è originario dell’India e dell’Indocina. Secondo alcuni studiosi è un ibrido naturale tra il cedro e il lime. L’albero del limone (alto fino a 6 metri) ha un portamento aperto e i rami a frutto sono procombenti; i rami sono normalmente spinosi.
Il limone è piuttosto sensibile al freddo e si defoglia completamente con temperature di -4/-5 °C, mentre temperature inferiori possono danneggiare anche il legno. A differenza di altri agrumi, i limoni possono maturare anche una volta staccati dalla pianta.
Varietà di limone
- Femminello Zagara Bianca, cultivar con fruttificazione abbondante.
- Peretto presenta frutti simili alle pere ed è coltivato in modeste quantità.
- “Canaliculata” presenta frutti tozzi, di modeste dimensioni.
- “Volkameriano” è probabilmente un ibrido tra limone e arancio amaro.
Mandarino
Con il termine “mandarino” viene designato un gruppo eterogeneo di agrumi di grande importanza, secondo solo all’arancio. In genere si sviluppa come un piccolo alberello con foglie lanceolate, verde vivo, con picciolo leggermente alato.
I fiori sono bianchi, singoli o riuniti in piccole infiorescenze, molto profumati. I frutti globosi, leggermente depressi ai poli, hanno una buccia papillata, poco aderente alla polpa.
Mandarino varietà
- L’Avana è una pianta robusta con chioma espansa e frutti dolcissimi.
- Il tardivo di Ciaculi è succoso e ha un alto tenore zuccherino.
- Il Satsuma è una pianta medio piccola con frutti privi di semi.
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