L’amanita muscaria è uno dei funghi velenosi più comuni e facili da trovare lungo il cammino o percorso in un bosco. La struttura, le forme, gli effetti e gli usi di uno dei miceti più celebri per fama e storia
L’Amanita Muscaria, più comunemente conosciuto col nome di ovolo malefico (ovolaccio), è un fungo velenoso, molto appariscente, infatti il cappello è di colore rosso acceso ed è cosparso di diverse verruche bianche. Difficile non notarlo! Ne esistono più varietà, alcune con colori molto chiari e assenza di verruche: per tanto i meno esperti potrebbero scambiarli per Amanita Caesarea (ovolo buono) che è invece un ottimo fungo commestibile (Guida alla raccolta dei funghi commestibili).
Amanita muscaria: la storia
In alcuni paesi europei è usato come stimolante per il suo certo effetto neurotropico, in altri paesi del Nord-Europa e del Sud-America come psichedelico. Si dice anche che nell’antichità, i coriachi (gruppo etnico ancora vivente in Russia) non avrebbero esitato a scambiare una renna per un solo esemplare di Amanita muscaria. Una specie che non solo rappresenta uno dei funghi più velenosi al mondo, ma che ha nel suo nome una chiara identità “storica”. Se infatti l’amanita si riferisce alla tassonomia, muscaria non è altro che un termine indicante l’utilizzo del fungo nel tempo: bastava una facile mistura tra il fungo e il latte (e/o a sostanze zuccherine), per attirare e quindi uccidere le mosche attratte dalla mistura stessa.
Amanita muscaria: la struttura
Dagli 8-20 cm di diametro, il cappello della amanita appare da rosso scuro ad un rosso più vivo, cosparso di “chiazze” bianche o gialle. Questa immagine è notissima grazie alle fiabe o alle credenze popolari, tanto da ricondurre proprio la Amanita al “fungo da fiaba”, utilizzato nel racconto come potente ostacolo velenoso in grado di cambiare la trama e vita dei protagonisti. Le lamelle sono fitte, di colore biancastro, in grado di possedere sull’estremità delle lamellule. Le lamelle producono l’imenio, la parte fertile del fungo sulla quale si formano le spore (cellule riproduttrici che germinando producono un nuovo fungo).
Il gambo è cilindrico e moderatamente bulboso alla base, bianco e in grado di supportare anello e volva. Può raggiungere anche i 20–25 cm circa di altezza. L’anello è invece collocato nella parte alta del gambo, abbastanza di grande dimensioni e bianco, mentre invece la volva è dissociata in fasce concentriche, che avvolgendo il tratto bulboso dell’anello lo rendono resistente. La carne può essere gialla-biancastra o di colore arancione, l’odore è pressochè nullo a differenza del sapore, molto dolciastro.
Amanita muscaria effetti
Gli effetti della Amanita muscaria sono racchiusi nell’insorgenza, in caso di assunzione, della sindrome panterinica: un insieme definito di tossine come l’acido ibotenico (la componente più velenosa), il muscimolo (tossina responsabile del principio psicoattivo del fungo) e il muscazone (presente in minima parte).
Tale sindrome si manifesta attraverso disturbi gastrointestinali (non sempre manifesti), potente formicolio, delirio, allucinazioni visive e olfattive, stato onirico (sensazione di sognare), depressione, meno frequentemente agitazione psicomotoria e in rari casi mania suicida.
Gli effetti mentali
Non per tutte le popolazioni e culture l’amanita muscaria si presenta però come “pericolosa”, a vantaggio soprattutto dei suoi effetti psicotropi. Due su tutte la sensazione di euforia, espressa in termini di pace e benessere, e un effetto sedativo, quest’ultimo in grado di porre i soggetti in un contesto allucinogeno calmante e sonnolento.
Due, infine, le postille storiche sugli usi del fungo amanita. La prima, datata 1784, quando il professore svedese Samuel Ödmann sostenne che la furia combattiva dei berserker, feroci guerrieri scandinavi dell’antichità, era probabilmente indotta dall’assunzione di piccole quantità del fungo; la seconda, residente in Siberia, dove pare che solo in tempi recenti il suo uso sia stato sostituito da quello della vodka.
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