La Pachira Aquatica è una delle piante tropicali più diffuse nel nostro continente grazie al suo aspetto aggraziato e particolare, dato soprattutto dal tronco intrecciato che le è valso il soprannome di pianta dal tronco intrecciato.
Il nome della Pachira deriva da un termine indigeno originario della Guyana e che starebbe ad indicare i frutti emessi dalla pianta, tanto che altri nomi indicanti questa pianta sono il Castagno della Guyana o del Malabar (ad indicare in quest’ultimo caso una regione indiana).
La Pachira è dunque una pianta sempreverde con fusto eretto, appartenente alla famiglia della Bombacaceae (la stessa di cui fanno parte il più noto Baobab e la Chorisia) ed originaria delle umide foreste pluviali del Brasile e dell’America Centrale, in particolar modo del Messico: in natura la Pachira può sfiorare anche i 18 metri di altezza, ma alle nostre latitudini difficilmente la pianta supererà i 3 metri di altezza. Certamente, tra le sue varietà acquatiche, Glabra e Insignis, la più adatta per essere piantata e coltivata in appartamento è principalmente la prima, dalle foglie poco più grandi e dal colore più intenso, e la Insignis, originaria del Venezuela e delle Indie occidentali.
È importante però ricordare che nelle specie di Pachira coltivabili nel nostro paese difficilmente la pianta mostrerà quella bellissima fioritura e quei gustosi frutti che invece sono ben presenti allo stato selvatico nei paesi di origine.
Una curiosità relativa alla pianta riguarda il significato che ha nell’estremo oriente: qui infatti è considerato un arbusto che propizia buona fortuna e soldi, pare trattenuti dal suo contorto tronco. Per questo è anche nota come l'”albero dei soldi”. Bisogna ricordare che la Pachira non nasce con il fusto intrecciato ma è solo frutto dell’opera di vivaisti che, quando le piantine sono giovani, intrecciano i loro tronchetti ancora teneri creando una treccia, legata con della rafia: col passare del tempo i fusti si lignificheranno crescendo intrecciati senza bisogno di alcun supporto.
Caratteristiche della Pachira
I profumatissimi fiori della Pachira sbocciano in estate e si presentano con cinque petali allungati e leggermente arricciati solo alla base, rosso-violacei o bianco crema e con caratteristici stami di un rosso quasi fiammante: la particolarità dell’infiorescenza della Pachira è che i fiorellini sbocciano solamente di notte o, al massimo, al mattino presto e, essendo effimeri, mostrano la loro bellezza solamente un giorno.
Ad essi segue la comparsa sulla pianta dei frutti che resistono anche fino a novembre inoltrato: questi si presentano come capsule marrone scuro, simili a piccole zucche vellutate (dette anche castagne selvatiche) che, una volta maturati, cascano dalla pianta rilasciando circa 25 semini. Il gusto di questi semi tostati oppure arrostiti ricorderà quello delle castagne o degli arachidi; nei paesi di origine della Pachira si usa poi macinare i semi ed utilizzare la farina ricavata per fare un pane dal sapore decisamente particolare.
La pianta Pachira si caratterizza anche per avere foglie molto lucide, pentalobate e palmate, che possono arrivare a misurare anche 30 cm: come altre parti della pianta che si analizzeranno breve, anche le foglie della Pachira sono commestibili, fungendo come ottima alternativa alla comune insalata. È consigliato prendersi cura del fogliame, provvedendo a pulire ogni singola foglia con un panno umido, per rimuovere la polvere ed il calcare che a lungo andare fanno soffrire la pianta.
- Hessayon, David G. (Autore)
Pachira cura
La pianta di Pachira richiede un terreno organico ed umido, da integrare eventualmente con un mix di torba e sabbia: evitare quei terricci argillosi e pesanti che tratterrebbero troppa acqua.
Inoltre deve essere posizionata in un ambiente molto areato ed abbastanza temperato dove la temperatura si aggira tra i 16° e i 18° e dove il tasso di umidità è tanto elevato da poter permettere a questa pianta tropicale di crescere rigogliosa. È importante non esporre mai la pianta ai raggi solari diretti, che altrimenti brucerebbero le foglie: si può al massimo concedere alla Pachira un’ora di sole al giorno. La pianta, che resiste bene in estate con temperature fino a 27°, sopporta bene anche i freddi intensi anche se, in quest’ultimo caso, si assisterà ad una temporanea perdita delle foglie.
Per regolarsi riguardo le innaffiature della Pachira, che comunque devono avvenire almeno ogni 3-4 giorni preferibilmente con acqua piovana o distillata e dunque povera di calcare, è consigliato infilare un dito nel terreno fino a 2 cm. Qualora questo risulti asciutto significa che la pianta necessità di acqua, altrimenti è meglio rimandare per evitare dannosi ristagni idrici. Proprio per evitare questi ultimi e per mantenere costantemente umido l’ambiente attorno alla pianta, è consigliato sistemare nel sottovaso, qualora la si coltivi in appartamento o comunque in vaso, dei ciottoli o dell’argilla espansa: dopo aver riempito il sottovaso di un filo d’acqua, si può posizionare il recipiente, ma mai a contatto con l’acqua. Un valido aiuto nel mantenimento dell’umidità richiesta è procedere con frequenti nebulizzazioni di acqua sulla chioma.
Nel caso in cui la Pachira sia coltivata in giardino, è importante ricordarsi di non mettere mai la pianta a dimora nel cuore di depressioni del terreno dove l’eventuale acqua piovana o di irrigazione andrebbe a concentrarsi causando un marciume radicale assai pericoloso.
La pianta Pachira deve essere concimata tendenzialmente ogni 20 giorni durante la primavera e l’estate con un prodotto ricco di microelementi, di potassio, di azoto e di fosforo: è importante usare un prodotto liquido da diluirsi nell’acqua utilizzata per le innaffiature, in modo che il concime immesso venga assorbito subito e naturalmente dalla pianta.
La Pachira infine non richiede potature, se non la rimozione delle foglie secche da effettuarsi con attrezzi sterilizzati alla fiamma: operazione semplice ma fondamentale per impedire che il decadimento si estenda anche al fogliame ancora rigoglioso.
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Riproduzione della Pachira
La Pachira può essere riprodotta per seme o per talea. Nel primo caso non vi è alcuna certezza sull’esemplare che crescerà, probabilmente diverso dalla pianta padre: in ogni caso è bene mettere i semi in vasetti ricolmi di terra, sabbia e torba, coprirli con carta trasparente e inumidirli all’occorrenza. Solo quando spunteranno i primi germogli potranno essere messe in vaso.
Discorso simile per le talee, operazione che è consigliato fare in primavera: dopo aver provveduto al taglio della talea con cesoie disinfettate, bisogna immergere in fusto in una miscela di fungicida e sostanza rizogena. Successivamente, piantare ogni talea in un vasetto (sempre colmo di terriccio, sabbia e torba), coprirlo sempre con un telo trasparente a creare una serra e riporlo successivamente in un ambiente umido a temperatura costante di 24°. Anche in tal caso il trapianto in vaso avverrà alla comparsa dei primi germogli.
A proposito di messa a dimora della Pachira, esistono in commercio vasi a riserva d’acqua che danno la possibilità di innaffiare la pianta solamente una volta al mese senza che la pianta ne soffra: sono soluzioni perfette per chi lavora ed è spesso fuori casa e non può dedicare alla pianta tutta l’attenzione necessaria.
Malattie della Pachira
Fortunatamente la Pachira non è soggetta a pericoli tanto gravi da metterne in pericolo la vita.
La cocciniglia si manifesta con melata appiccicosa rilasciata sulla pianta e che spesso causa macchie biancastre in particolar modo nella parte inferiore delle foglie: in tal caso provvedere subito ad eliminare questa sostanza con un batuffolo di cotone imbevuto di alcol oppure con acqua e sapone, tranne per le piante più grandi per le quali è necessario usare un antiparassitario.
Prodotti chimici specifici sono richiesi per combattere gli afidi, insetti minuscoli verdastri, e i fastidiosi ragnetti rossi.
Pachira foglie gialle, marroni e sbiadite
I segnali di una cura più o meno corretta della Pachira vengono poi principalmente dalle foglie. Se queste appaiono secche vuol dire che la pianta è stata esposta per troppo tempo al sole diretto, mentre se sono scolorite vuol dire che è affetta da una clorosi ferrica, cioè la pianta non riesce ad assorbire il ferro a causa dell’acqua usata per l’irrigazione e in tal caso, come accennato sopra, utilizzare acqua piovana oppure distillata.
Se infine le punte delle foglie sono marroni vuol dire che ci sono troppi ristagni idrici: in tal caso provvedere a svuotare il sottovaso da eventuali eccessi di acqua.
Articolo esaustivo
[…] è un albero deciduo appartenente alla stessa famiglia del Baobab e della Pachira, le Bombacaceae. È originario del sud America e cresce nelle zone tropicali e sub-tropicali; […]