Cardo, “cardone”, “santo”, “degli orti”: sempre lui, spinosetto, tenace e squisito
Il cardo nella forma ricorda vagamente il sedano ma appartiene alla famiglia del carciofo: è il Cynara cardunculus più noto come cardo.
Originario dell’area mediterranea dell’Europa, è un ortaggio piuttosto difficile da coltivare sia per le grandi dimensioni che raggiunge sia perché i suoi gambi, essendo piuttosto duri e di sapore amarognolo, devono essere coltivati il più possibile in assenza di luce, il che li rende più dolci e anche più candidi.
Come coltivare i cardi
Semina
La semina può essere fatta direttamente nel terreno ben lavorato, profondo e concimato. I semi si distribuiscono in solchetti o buche e, quando le piantine sono abbastanza alte, si diradano, scartando le più deboli e lasciando una distanza di circa 60-80 cm tra una e l’altra.
La semina può avvenire anche in vasetti, trapiantando poi le piantine nel terreno tra maggio e giugno.
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Imbianchimento
Il cardo necessita di molta acqua in tutte le fasi del ciclo vegetativo. Quando la pianta ha terminato lo sviluppo possiamo procedere all’imbianchimento (a tal proposito consulta la guida dettagliata sull’imbianchimento degli ortaggi) che può essere fatto in diversi modi e consente di rendere i cardi più teneri e dolci.
Il metodo migliore per è quello di lasciare le piante nel terreno, legarle e fasciarle con carta resistente. Le piante si tengono così per un periodo di tempo variabile: a settembre saranno sufficienti 10-15 giorni, a fine ottobre-novembre ne occorreranno anche 20-30.
Questa operazione consente anche di proteggere le piante dal freddo, ma se si prevedono gelate intense conviene togliere i cardi dal terreno e metterli al riparo sempre al buio e coperti.
Il cardo gobbo
Alcune varietà vengono interrate piegando la pianta di lato verso il basso e ricoprendola di terra restando così fino al momento della raccolta. Questo tipo di coltivazione è prevista per il “cardo gobbo”, tipica specialità di Nizza Monferrato, chiamato così per la forma arcuata che assume.
Come consumarli
Terminato l’imbianchimento il cardo è pronto per il consumo. Solo i cardi di ottima qualità, come quelli gobbi, si possono mangiare crudi, gli altri vanno sottoposti a cottura anche piuttosto prolungata (30-60 minuti).
Per evitare che si scuriscano, vanno cotti immediatamente dopo la raccolta oppure conservati in acqua acidulata (limone). Se si vuole mantenere il colore anche dopo la bollitura, è bene spremere il succo di mezzo limone anche nell’acqua di cottura. Il cardo si sposa molto bene con le acciughe sotto sale.
La bagna cauda
I cardi si utilizzano in numerose ricette: tra le più classiche vi è la bagna cauda piemontese che si prepara tritando alcuni spicchi d’aglio e lasciandoli a bagno nel latte per circa un’ora.
In un tegame di coccio si mettono le acciughe dissalate e private della lisca. Si copre il tutto con olio extravergine facendo cuocere a fuoco lento fino a ridurre l’insieme in poltiglia. In questa salsa (tenuta sempre calda con terrine dotate di un cero riscaldante) si immergono i cardi, lavati in acqua acidulata, e altre crudità.
Per consumarli in altre preparazioni è necessario privarli delle foglie esterne, delle punte e delle parti spinose. I gambi vanno pelati e raschiati con un coltellino, lasciati a bagno in acqua acidulata con limone e fatti cuocere nello stesso liquido salato partendo dall’acqua fredda. La cottura è piuttosto lunga (circa 60 minuti).
Con i cardi si preparano ottime zuppe; si possono friggere a 170°C dopo averli passati in una pastella di acqua e farina oppure brasarli con cipolla e prezzemolo a cui si aggiunge del vino rosso e zucchero.
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