Dall’età protostorica fino alle terre dell’Europa centrale, tutti i benefici della rotazione triennale: una tecnica agricola necessaria per far “respirare” i nostri terreni
Lo sfruttamento intenso dell’orto di casa può causare, col passare del tempo, una certa stanchezza del terreno da coltivare che si traduce in minori produzioni, maggiori attacchi parassitari a carico degli ortaggi, una mal praticata rotazione triennale ed una stentata vegetazione delle colture.
Anche il ripetere nella stessa aiuola ortaggi esigenti (es. zucchino) o coltivare nello stessa zona specie appartenenti alla stessa famiglia (come melanzana, peperone e pomodoro) aumenta ancora di più la possibilità che il suolo si impoverisca di alcuni elementi fondamentali.
Per riportare l’orto a una buona produttività, possiamo adottare diverse strategie come:
• concimare il terreno coltivato o un terreno non coltivato con sostanza organica;
• eseguire la rotazione delle colture e una corretta rotazione agraria;
• lasciare a riposo parte dell’orto ottimizzando le colture da rinnovo;
• mettere in atto la solarizzazione del suolo;
• coltivare piante biocide (producono sostanze che riducono la presenza di molte avversità);
• adottare varietà resistenti-tolleranti le avversità e piante innestate.
Il concime
Il terreno va arricchito periodicamente con sostanza organica come il letame o compost ben maturi. Servono mediamente 3-5 kg per metro quadrato.
In alternativa possiamo attuare la tecnica del sovescio (vedi paragrafo in fondo), anche se questo sistema non produce gli stessi effetti positivi derivanti dall’utilizzo del letame.
La rotazione triennale delle colture
Il modo più semplice per limitare gli inconvenienti dovuti alla stanchezza del terreno consiste nell’attuare, nelle aiuole, la rotazione triennale delle colture. La rotazione triennale, già presente dagli etruschi nell’ VII secolo a.C. e riprodotta in larga scala durante il basso medioevo (per approfondire, leggere qui) anche più generalmente conosciuta come rotazione agricola, consiste nel coltivare, nelle diverse stagioni, ortaggi con esigenze nutritive differenti e appartenenti a famiglie botaniche diverse.
Questo è possibile grazie alla divisione del terreno in tre parti, ognuna dedicata ad una coltivazione diversa ma destinata, ciclicamente, ad un periodo precisato di “riposo”.
È bene però precisare, che la rotazione agraria può essere calanderizzata anche in modo diverso dalla rotazione triennale più generalmente attuata e conosciuta. Sono presenti tecniche di coltura da rinnovo come la rotazione annuale, la rotazione biennale e rotazione quadriennale, pratiche che comunque consentono effetti positivi sulla qualità del terreno coltivato:
• una corretta rotazione colturale contribuisce a interrompere il ciclo vitale degli organismi nocivi legati a una certa coltura; in particolare, la successione di piante di famiglie differenti permette di interrompere il ciclo di alcune erbe infestanti;
• grazie alla diversità degli apparati radicali delle piante che si alternano, il terreno viene esplorato meglio e si limitano il compattamento e la degradazione.
Il riposo
Se gli ortaggi si ammalano assai facilmente e presentano vegetazione molto stentata, è opportuno mettere a riposo, a turno e per un anno, una parte dell’orto come può avvenire più facilmente nella rotazione triennale. In pratica occorre dividerlo in quattro parti uguali: tre si coltivano e la quarta si lascia a riposo; in alternativa, in questa quarta parte, si può seminare trifoglio ed effettuare il sovescio. In questo modo si apportano sostanza organica e azoto, migliorandone la fertilità.
Piante da coltivare
Per attenuare gli effetti della stanchezza del terreno si può ricorrere anche alla coltivazione di varietà resistenti-tolleranti nei confronti delle avversità. Tali varietà sono reperibili in commercio presso i più forniti vivaisti orticoli, oppure si possono produrre in proprio impiegando sementi reperibili anche dal piccolo orticoltore, sulle cui bustine sono riportate le sigle che indicano il grado di resistenza-tolleranza rispetto ad alcune avversità di origine fungina, virale o di altro tipo.
Gli effetti della stanchezza del terreno si possono attenuare anche ricorrendo alla coltivazione di piante innestate, in particolare di pomodoro, melanzana, melone.
Tecniche per la cura del terreno
Con il sovescio
Il sovescio consiste nella coltivazione di piante (per lo più foraggere) che, in prossimità della fioritura, vengono tagliate, lasciate disidratare per qualche giorno e incorporate nei primi 25 cm di terreno.
Così interrata, la massa si trasforma in humus e in elementi nutritivi prontamente utilizzabili (in particolare azoto) dalla coltura che seguirà. Le piante più utilizzate e utili per il sovescio sono le leguminose, le crucifere e le graminacee.
Settembre e ottobre sono i mesi ideali per eseguire la tecnica del sovescio. Durante l’inverno, infatti, la terra consente un maggior sviluppo radicale, permettendo poi in primavera di avere la massima crescita fogliare.
La potente solarizzazione
La solarizzazione è una tecnica di disinfezione del terreno che si effettua coprendo il terreno con un telo di plastica trasparente e consente di elevare notevolmente la temperatura del terreno stesso, eliminando molti agenti patogeni e contrastando l’insorgere di piante infestanti.
Si utilizza un telo di “EVA” che si stende sul terreno e lo si lascia in posizione per due mesi durante l’estate. Il terreno raggiunge una temperatura di 45-55 °C. Il terreno va preventivamente fresato, ben sarchiato e irrigato abbondantemente.
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